Sinossi di tutti i testi (6): G-I
Indice Alfabetico
Un bellissimo omaggio a Giancarlo Ricci.
Il gioco del Fort / Da, ovvero l'entrata inaugurale della morte nella vita, a cura di M. Manghi.
Tutto il gioco si riduce a questi quattro elementi: i due vocalizzi: Fort / Da, l’attività ripetitiva del bambino intento a far scomparire-apparire, e l’oggetto: il rocchetto che simbolizza la madre; sennonché la psicoanalisi vi deduce già tutta la combinatoria da cui sorgerà l’organizzazione significante.
Raccolta di brani estratti dai Seminari dove Jacques Lacan tratta del gioco del Fort / Da.
Un breve quanto ottimo testo introduttivo alla funzione di simbolizzazione nel bambino mediante il gioco del rocchetto, che fa da ponte tra Freud e Lacan.
Testo estratto da S. Freud, Al di là del principio di piacere (1920), in Opere, a cura di C. L. Musatti, IX, Boringhieri, Torino 1974, pp. 200-203.
Si osserva giocare il proprio nipotino, ancora nella culla, con un rocchetto di filo: tutto qui; ma, se si è Freud, ne viene fuori qualcosa di assolutamente inaudito (a cominciare dagli analisti): il todestrieb, la pulsione di morte.
Il presente testo è la traduzione del Glossaire che suggella il primo volume di Lacaniana, Les séminaires de Jacques Lacan, 1953 - 1963, (che è il riassunto in ordine cronologico dei primi dieci seminari di Lacan) Fayard, Paris 2001, a cura di Moustapha Safouan.
Il non avere più illusioni, non ha nulla a che fare col rancoroso e vendicativo non aspettarsi più niente da nessuno caro al nevrotico ossessivo, che ha il suo corrispettivo nella speranza irremovibile che è al cuore del desiderio dell’isterica; non è una massima ricavata dallo smacco ripetuto dell’esperienza, dalle delusioni della vita, dall’amore andato a male. Tutto al contrario, è il frutto di una rottura irreversibile con le proprie radici edipiche, con i legami di transfert, e più precisamente è un’ascesi che testimonia di quel nuovo desiderio che non condivide le rimozioni in cui si rintanano comunemente i fantasmi originari.
Questo testo costituisce il III capitolo di "Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi", Sansoni, Firenze 1982 (2^ ed. 2000), pp. 321-336]; ripubblicato in L’esistenza ferita, Feltrinelli, Milano 1999, pp. 75-88.
"Anch'io, infatti, sono padre di un ragazzo portatore di certi handicap psichici. Il riferimento non vuole introdurre alcun elemento autobiografico né, tanto meno, emotivo nelle presenti note. Vuole solo giustificare il fatto che il mio discorso (d'altronde prevalentemente storico - sia pure di una storia intrisa di teoria) riguarderà essenzialmente l'handicap mentale e il rapporto menomazione-educazione. Quest'ultimo problema mi interessa in modo particolare soprattutto da quando, ormai molti anni orsono, un illustre specialista svizzero formulò, a proposito di mio figlio, un responso riassumibile nei seguenti assunti: 1) Benché nessuna osservazione empirica (in particolare nessun elettroencefalogramma) abbia mai evidenziato alcun vitium nel sistema cerebro-nervoso del bambino, certe lesioni ci devono essere, data la presenza di determinati comportamenti anormali. 2) Tali lesioni vanno equiparate a rotture o mancanze di alcuni micro-ingranaggi della macchina cerebro-nervosa. Di conseguenza: a) mai il bambino potrà essere normale; b) è impensabile che un intervento di tipo educativo possa produrre ut sic miglioramenti sostanziali. [...]Il responso sopra riassunto mi ha condotto a documentarmi e a riflettere su alcune questioni a mio avviso cruciali."
Intervista pubblicata su "Il Foglio", 19 settembre 2019.
Pubblichiamo la traduzione della prima parte (a cui ne seguiranno altre due) del testo di Barbara Duden presentato a Brema il 7 febbraio 2003 in occasione della giornata d’addio a Ivan Illich (“Symposium für Ivan Illich zum Abschied”, 7-8 febbraio 2003) col titolo: “Ivan Illich – Jenseits von Medical Nemesis (1976) – auf der Suche nach den Weisen, in denen die Moderne das “Ich” und das “Du” entkörpert”.
Su Decalogo 7 "Non rubare" (1988) di K. Kieslowski (testo senza permesso di stampa).
Un nuovo commento di Sandra Puiatti al settimo episodio, "Non rubare", dell'inesauribile Decalogo di K. Kieslowski, in una prospettiva mutata rispetto al testo incluso in S. Puiatti, M. Manghi, "A mani vuote. Il Decalogo di Kieslowski tra scandalo e falsa testimonianza" (Polimnia Digital Editions, Sacile 2015), sopra riportato.
Straordinaria lettera di Sigmund freud alla fidanzata Martha Bernays del 16 settembre 1883. In Sigmund Freud, Lettere 1873-1939, Boringhieri, Torino 1960.
"Credo di doverti ripetere tutto quel che so di lui, perché non è morto per caso, piuttosto il suo essere si è adempito, le sue buone e cattive qualità si sono unite per condurlo alla rovina, la sua vita era come composta da un poeta, e la morte ne fu come la necessaria catastrofe. [...] Cosí fu in morte come in vita, e sembra davvero che questa storia aspetti il poeta che la conservi nella memoria degli uomini. Felice colui, però, che una dolce fanciulla incatena alla vita. Non posso piú scriverti oggi, piccola Martha. Con intenso amore. Tuo Sigmund"
"L’umorista « si inalbera », secondo un’espressione cara a Freud, contro il destino. Mediante una forma sottile di 'ordalia verbale', offre il suo essere vacillante al giudizio dell’Altro: egli riscatta dunque in qualche modo la propria vita simbolica 'scommettendola' e riguadagnandola sulla morte. Il solo criterio di riuscita è che faccia ridere."
Per comprendere la differenza tra discorso medico e discorso psicanalitico (e proprio là dove sono profondamente intracciati), proporremo sicuramente di partire da questo straordinario "caso" del grande Serge Leclaire.
Annotazioni del traduttore di Détruire dit-elle, di Marguerite Duras, prese durante il lavoro di traduzione.
Indice analitico dell'Uomo dei lupi nelle Opere di Sigmund Freud.
Intervento al Colloquio Internazionale del Corpo Freudiano, tenutosi a Rio De Janeiro il 12-13-14 aprile 2007, sul tema "Dimensioni del risveglio nella psicanalisi e nella cultura". Per gentile concessione dell’Autrice.
"Le voci inanimate della modernità sembrano difficili a risvegliarsi: sono voci stereotipate, povere di prosodia e timbro; voci in cui il suono viene isolato dall’affetto. In tedesco si potrebbe dire «Stimme ohne stimmung», voci senza tonalità pulsionale, senza affetto. Utilizzo il termine affetto in senso freudiano come manifestazione della pulsione, come possibilità di saperne qualcosa della pulsione. In queste voci ripetitive, pulsione e affetto sono slegati e questo le fa risuonare come impoverite di gamma tonale, quasi fossero prive di tracce mnestiche: sono voci in cui la pulsione è mantenuta isolata dalla storia del soggetto; voci in cui il tempo sembra non contare, voci che vorrei definire senza ricordo."
"Il titolo richiama, da una parte, una necessità intellettuale. Ovvero la necessità che la follia sia riportata alla sua realtà "storica" e non a una presunta patologia. Che la follia sia una patologia è un affare che nasce e si consolida nelle società capitalistiche, a partire dal Settecento. Su questo piano resta ancora essenziale lo studio di Michel Foucault. Restituirla alla sua dimensione storica, togliendola dal pregiudizio psichiatrico, è uno dei modi, forse il più idoneo, a mettere in evidenza come, nel parlare della follia, si tratti di una questione di mentalità. È il modo, cioè, di mettere a nudo l’handicap intellettuale che ci costituisce quando cadiamo nella superstizione che, nel caso della Follia ritrovata, riguarda le credenze intorno alla patologia psichiatrica o alle risibili affermazioni psicologiche."
Ripubblichiamo questa lucidissima intervista (giugno 2011) di Alessandra Guerra a Guy Le Gaufey pubblicata originariamente sul sito www.manifestoperladifesadellapsicanalisi.it [Di Le Gaufey, autore sconosciuto in Italia, è uscito in ebook Appartenere a sé stessi, Polimnia Digital Editions, Sacile 2018].
Riproduce il testo dell’Universale scientifica Boringhieri NN 39/40, per la traduzione di Marilisa Tonin Dogana ed Ermanno Sagittario, poi incluso, con alcune lievi modifiche, nell’ottavo volume dell’edizione delle Opere di Sigmund Freud, 11 volumi, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1976, pp. 189 -611.
Riproduce il testo dell’Universale scientifica Boringhieri NN 39/40, per la traduzione di Marilisa Tonin Dogana ed Ermanno Sagittario, poi incluso, con alcune lievi modifiche, nell’undicesimo volume dell’edizione delle Opere di Sigmund Freud, 11 volumi, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1979, pp. 115-284. PDF in formato ZIP compresso.
L'isteria in 50 citazioni tratte da scritti e seminari di Lacan.
Isteria nell'uomo (L') (Perrier François)
Pubblicato in La Chaussée d’Antin, OEuvre psychanalytique II, Albin Michel, 2008, pp. 244 - 249.
"Il soggetto si sente obbligato a prendere il partito del proprio sesso, senza poterlo. E il partito del proprio sesso non è per lui il desiderio che gli è immanente ma la Virilità che egli vuol dedicare, in omaggio, alla domanda di ogni donna - domanda che ha la forza di una legge che egli non può assumere. Fallimento o eiaculazione precoce? [...] La disfatta dell'eiaculazione precoce è un'anticipazione sul sorgere minaccioso di un godimento femminile che solo un dio, padrone dell'arma assoluta, potrebbe trasformare nella miccia che dà fuoco al suo piacere olimpico."