Brano estratto dal «Preambolo», pronunciato da Jacques Lacan il 24 giugno 1964, all’atto di fondazione dell’ École Freudienne de Paris.
Il peccato dello psicoanalista è il praticare la psicoanalisi come qualcos’altro da ciò che è, il farne una pratica mitigata, calmata, moderata, sedata, prestando il fianco o allineandosi al dilagare della psicoterapia, che viene a rispondere ai bisogni dell’igiene sociale.
Apparso col titolo L’amour du père chez Freud, sulla rivista "Littoral", n. 11-12, éditions Erès, febbraio 1984, pp. 153-168, che riproduce gli atti del colloquio Du père, organizzato dalla stessa rivista, tenuto a Parigi il 15 e 16 ottobre 1983.
"Riprendendo il mito greco (di Edipo), Freud lo fa suo secondo questa sequenza significante : uccisione del padre, godimento della madre, debito degli occhi da pagare. L’uccisione è messa all’origine, come prima condizione. Ora, io propongo che questa presentazione nel suo contenuto manifesto ha per funzione di salvare il Padre, di proteggerlo. In effetti, essa copre, maschera la verità latente che non c’è successione padre/figlio, padre/figlia se non attraverso la trasmissione della castrazione. E la castrazione che lo o la colpisce non è nient’altro che quella stessa del padre: non c’è eredità che da quest’ultima. Invece il racconto freudiano - in ciò sta la difficoltà - facendo credere che l’eredità verrebbe dalla morte del padre, e che bisogna dunque ucciderlo, mantiene e salvaguarda ciò che è supposto all’inizio: l’imago di un padre all’altezza, di un padre che farebbe la legge e che si dovrebbe pertanto sopprimere per fare la legge a propria volta."
Lettura del libro di Claudio Segat, Passeggiata con mio padre, Editrice Santi Quaranta, Treviso 2011.
"È la presenza tangibile, non più fantasmatica, di quell’heimliche che i bambini conoscono bene e le fiabe incarnano alla perfezione in quella metamorfosi repentina dei volti, delle vesti, della voce. Momenti sospesi, quando, d’improvviso, il tratto familiare, domestico di qualcuno di conosciuto lascia il posto, senza che alcun compromesso possa mitigare la cosa, a un estraneo che non si riesce ad afferrare, ad addomesticare, nel suo tratto violento e dirompente di verità."
Scheda di lettura di "Il concetto di fallo", in J.-D. Nasio Spiegazione dei 7 concetti fondamentali della psicoanalisi, a cura di M. Alessandrini, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001, pp. 65-80 (ed. originali francesi Rivages, Parigi 1988 e Payot, Parigi 1992).
La scelta inequivocabilmente didattica di J. D. Nasio ci propone di riprendere in mano i concetti fondamentali dell’insegnamento di Freud e Lacan - quali ad esempio la castrazione e il fallo -, nell’intento di spiegarli, insistendo sui passaggi e gli esiti cruciali perché un soggetto possa esistere. Si tratta, dunque, di riattraversare una serie di testi freudiani alla luce del pensiero di Lacan. Il capitolo dedicato al fallo rettifica una serie di passaggi capitali all’interno dello scenario del complesso edipico e della castrazione.
Conferenze pronunciate alla Facoltà universitaria di Saint-Louis, Bruxelles, il 9 e 10 marzo 1960.
In traduzione italiana inedita il testo delle due conferenze pronunciate da Jacques Lacan rispettivamente il 9 e 10 marzo 1960 a Bruxelles, su invito della Facoltà universitaria di Saint-Louis, e annunciate come delle lezioni pubbliche: Freud, concernant la morale, fait le poids correctement, e La psychanalyse est-elle constituante pour une éthique qui serait celle que notre temps nécessite?
Contiene il testo originale delle conferenze.
Relazione al XII Congresso Internazionale di Psicoanalisi tenutosi a Wiesbaden nel settembre 1932. In Fondamenti di psicoanalisi, vol. III, Ulteriori contributi (1908 - 1933), a cura di Glauco Carloni e Egon Molinari, traduzione di Elena Ponsi Franchetti, Guaraldi Editore, Rimini, 1974, pp. 415 - 427.
"Una parte notevole della critica rimossa dai nostri pazienti riguarda ciò che potremmo chiamare l’ipocrisia del lavoro professionale; quando il paziente entra nella stanza, noi lo salutiamo cortesemente, quindi lo invitiamo a cominciare le associazioni e così facendo gli promettiamo di ascoltarlo con attenzione, di dedicargli tutto il nostro interesse, di metterlo a suo agio e di far progredire il lavoro di chiarificazione. In realtà alcune caratteristiche esteriori o interiori del paziente possono a malapena riuscirci sopportabili. Oppure può accaderci di considerare la seduta come uno sgradevole intoppo, qualcosa che disturba una nostra faccenda professionale e personale di particolare importanza. Anche qui non vedo altra via di uscita che quella di scoprire in noi stessi la causa della sensazione di intoppo e di parlarne in modo esplicito dinanzi al paziente; e non solo come di un’eventualità, ma, magari, come di una realtà."
Se tale sentenza non dovesse costituire quantomeno oggetto di dubbio e di discussione, ma venisse a costituire un precedente per i casi del genere, stabilendo una fattispecie, e dunque il Giudice perseverasse ad accreditare imputazioni da parte degli Ordini degli Psicologi che non contemplano nessun altro reato che quello di esercitare la psicoanalisi, allora dovremmo ineluttabilmente formarci noi, come cittadini italiani, un dubbio sull’esercizio del diritto, di cui il meno che si possa dire è che è atroce.
J. Am. Psychoanal. Assoc., Aprile 1956, 4, pp. 224-255, Letto per la prima volta alla Chicago Psychoanalityc Society nel maggio 1955 e all’American Psychoanalityc Association a New York nel dicembre 1955.
Postfazione: Lo scandalo del controtransfert di Sandra Puiatti.
[Revisione integrale della traduzione: aprile 2013, con l'aggiunta dei riferimenti bibliografici]
"Tutti questi - e simili atteggiamenti - presuppongono che l'analista sia in grado di controllare coscientemente il proprio inconscio. Tale ipotesi viola la premessa di base della nostra scienza - che gli esseri umani possiedono un inconscio che non è soggetto al controllo cosciente, ma che è soggetto (fortunatamente) ad essere investigato attraverso lo strumento del transfert (e presumibilmente anche del controtransfert)."
Traduzione inedita del capitolo XIV [“Die ursprüngliche Natur des Verstehens”, pp. 180-191] e del capitolo XXI [“Psychologische Erkenntnis un Leiden – der Mut, nicht zu verstehen”, pp. 279-291] del libro di Theodor Reik Der überraschte Psychologe. Über Erraten und Verstehen unbewusster Vorgänge [Lo psicologo sorpreso. Sull’indovinare e sul comprendere i processi inconsci], A. W. Sijthoff’s Uitgeversmaa-tschappij N. V., Leiden 1935, per traduzione e cura di Antonello Sciacchitano.
Se lo fai ancora viene il sarto e te lo taglia!
“The Institutional Construction of a New Fetish: Human Life”, è il titolo del discorso tenuto da Ivan Illich il 29 marzo 1989 a un “planning event” della Evangelical Lutheran Church in America Chicago, ed è stato pubblicato nella raccolta In the mirror of the past. Lectures and addresses 1978- 1990, Marion Boyars, Londra 1992, pp. 218-231. A nostro parere è un testo fondamentale (e, fin dal titolo, più che mai attuale) che segna l'inizio della ricerca del "secondo Illich".
Lettura in margine all’articolo di Moustapha Safouan "Il tramonto del complesso edipico. Una revisione", in La sexualité féminine dans la doctrine freudienne, Éditions du Seuil, Paris 1976; traduzione italiana La sessualità femminile nella dottrina freudiana, Garzanti, Milano 1980, pp. 81-96.
"Con lo sfacelo del complesso edipico deve essere abbandonato l’investimento oggettuale materno, dice Freud in L’Io e l’Es (p. 494). Giungiamo qui al punto limite in cui il problema del crollo dell’Edipo è quello stesso della fine dell’analisi."
Intervento al Convegno nazionale di psicoanalisi organizzato da Nodi Freudiani movimento psicoanalitico (in collaborazione con altre associazioni psicoanalitiche) Il disagio della cultura nella nostra modernità, tenuto a Milano nella sala Radetzky di Palazzo Cusani, il 12 e 13 ottobre 2013, alla Tavola Rotonda Norma e legalità. Riflessi sulla formazione.
"Quello di cui vi parlerò è proprio il rifiuto del mondo in cui ogni giorno non accade niente, l’eterna inerzia dello Stesso a cui rimaniamo attaccati con tutti i tentacoli, e il mio desiderio quotidiano di distruggere, senza il quale non potrei fare quello che faccio. L’analista? Non appena lo credo, non appena penso di occupare il posto di analista, non appena mi convinco di esercitare una professione, ho la certezza che nelle mie analisi non può accadere niente. Ed ecco perché c’è una legge Ossicini: per avere la certezza che i pazienti non conosceranno mai l’ira di Dio, e resteranno per sempre pazienti. Dunque il primo rifiuto, la prima Versagung, in quanto analista, è di rifiutare di occupare il posto di analista."
"Posta in questi termini, la questione è indubbiamente mal formulata, e andrebbe riformulata chiedendosi: da chi non viene posta la differenza tra il pene e la vagina (come corrispettivo del pene), per porre invece, al suo posto, la differenza tra l'avere il fallo e il non averlo? Ora, questo chi non può certo essere il bambino, che a quell'epoca non può saperne niente, mentre può essere solo la società, che fa della presenza o dell'assenza del fallo il segno della differenza sessuale nel momento in cui la si deve constatare all'atto della nascita. È il sociale a istruire (istituire) l'inconscio sul fatto che non c'è identità del sesso femminile se non in rapporto al fallo maschile. Ma allora l'unica conclusione che s'impone è che la sessualità infantile non è altro che un fantasma dell'infantilismo sessuale degli adulti."
"La psicanalisi non può essere difesa sostenendo la Laienanalyse, che può definirsi solo negativamente rispetto alla positività medica, non riuscendo a concepire lo psicanalista altrimenti che come “non-medico” o “profano”. Non si tratta di difendere la psicanalisi ma di “demedicalizzarla”, di concepire uno psicanalista che non sia un nuovo medico freudiano. Cosa resterebbe di una psicanalisi completamente liberata dal suo retaggio e linguaggio medico, dalla sua “clinica”? Di uno psicanalista non più “missionaire du médecin”, come si proclamò Lacan?"
"La domanda posta agli psicologi dell’infanzia, ma che vale per tutti dato che tutti gli adulti lo sono chi più chi meno, è : come può esistere una psicologia del bambino distinta e separata da quella dell’adulto, quasi che il bambino appartenesse a una specie aliena dal genus umano? In effetti, una volta che il bambino è stato isolato in un suo mondo e gli è stata imputata una speciale psicologia, sorge logicamente il problema di come comunicare con lui e di come interpretare le sue parole e i suoi comportamenti."
Presentiamo in traduzione italiana uno dei capitoli più importanti della Memoria di Itard, il Quarto obiettivo della rieducazione di Victor "il "ragazzo selvaggio")al vivere civile: "Condurlo all'uso della parola spingendolo all'imitazione attraverso la legge imperiosa della necessità."
«Ci sembra che il non-diritto sia ora oggettivamente dato dalla società, ora soggettivamente scelto dall’individuo».
«Il non-diritto possiede […] una negatività caratteristica» .
«L’uomo potrebbe benissimo perfino non avere bisogno del diritto» .
Limitiamoci a introdurre la nozione di non-diritto, centro della battaglia di Jean Carbonnier contro il diritto dogmatico e il suo ideale di “pangiurismo”, lasciando che sia il lettore – spero stupefatto – a cominciare a scoprirla, in sé stesso innanzitutto, e a desiderarla, proprio con questo saggio pieno di grazia, umorismo, lirismo e femminilità, che nomina i lilia suoi impalpabili ambasciatori. Spargiamoli dunque a piene mani, quando è possibile, al posto delle norme. Lo stesso diritto ce ne sarà grato.
"Qual è la differenza tra tu sei colui che mi seguirai ovunque e tu sei colui che mi seguirà ovunque? Tu sei colui che mi seguirai ovunque è per lo meno un'elezione, forse unica, un mandato, una devoluzione, una delega, un investimento. Tu sei colui che mi seguirà ovunque è una constatazione, che abbiamo tendenza a sentire piuttosto dal lato della constatazione desolata. Di questo tu che mi seguirà ovunque, se ha davvero un carattere determinativo, ben presto non ne potremo piú. Se da un lato verte sul sacramento, dall'altro andrà presto dalla parte della persecuzione, inclusa nel termine stesso di seguire." J. Lacan, dal seminario 1955-56 su Le psicosi.
Sul film Gli innocenti (2005) di Per Fly.
Brano estratto da il Seminario, libro VII, L’etica della psicoanalisi (1959 -1960), Einaudi, Torino, 1994, p. 403. "Quel che chiamo cedere sul proprio desiderio si accompagna sempre nel destino del soggetto - potete osservarlo in ciascun caso, prendete nota della dimensione - a un qualche tradimento. O il soggetto tradisce la propria via, tradisce se stesso, e lo sente anche lui. Oppure, più semplicemente, tollera che qualcuno con cui si è più o meno votato a qualcosa tradisca la sua attesa, non faccia nei suoi riguardi quel che comportava il patto - il patto qualunque esso sia, fasto o nefasto, precario, poco lungimirante, o addirittura di rivolta, e persino di fuga, non importa."
Il discorso del padrone (quello del giudice piuttosto che quello del medico) ci introduce alla seconda conseguenza fondamentale della regola dell’associazione libera, quella di rendere impossibile il dialogo o il colloquio, che in psicanalisi non esistono, anzi: non possono esistere. Lo preciso perché nella famosa sentenza della Cassazione, dove per la prima volta il giudice assimila esplicitamente psicanalisi e psicoterapia, si legge: "Né può ritenersi che il metodo del colloquio (il riferimento è a quello psicanalitico) non rientri in una vera e propria forma di terapia, tipico atto della professione medica." Non esito a dire che si tratta di un’affermazione delirante. Anche se questo delirio è agli atti come sentenza di condanna da parte di un giudice. Se nessuno ha trovato niente da dire, i casi sono due: o oramai il diritto è diventato il vero discorso del Padrone che può dire e fare dei cittadini qualsiasi cosa voglia, secondo il suo capriccio, e senza che nessuno di fronte al suo Terrore osi ribattere; o si tratta di un delirio collettivo condiviso da tutti.
Trad. italiana di "De la perversion", in Le sexes de l’homme, Opera collettiva sotto la direzione di G. Delaisi de Parseval, Seuil, Paris 1985.
"Sventuratamente, (gli analisti) rincorrono senza tregua questa chimera: ecco perché Lacan si disperava che la psicoanalisi non fosse capace d’inventare una nuova père-version meno stereotipata di quelle che conosciamo, il che renderebbe la vita più leggera."
De la structure en psychanalyse, quarto dei cinque saggi che compongono il libro collettaneo Quest-ce que le structuralisme? edito da Seuil nel 1968 con le illustri firme di Oswald Ducrot per la Linguistica, Tzvetan Todorov per la Poetica, Dan Sperber per l'Antrolpologia, Moustapha Safouan per la Psicanalisi, François Wahl per la Filosofia. Il fine dell'opera era di interrogarsi su ciò che unifica queste discipline in quanto strutturali e di misurare il mutamento che ha comportato nel loro sviluppo l'assunzione del concetto di struttura, d'altronde già trattato in termini critici.